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10 maggio 2022: Francesco Remotti: Antropocene: un’intricata, straordinaria cultura, priva di meta-cultura

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I SEMINARI DEL LAS - LABORATORIO DI ANTROPOLOGIA SOCIALE

Ciclo Seminariale Inaugurale su "La nozione di meta-cultura. Disboscatori, capitali mobili, Antropocene"

Francesco Remotti (Università di Torino)

Antropocene: un’intricata, straordinaria cultura, priva di meta-cultura


III incontro

10 maggio 2022, 14:20 -17:00; Sala Piero Martinetti, Via Festa del Perdono, 7, Cortile Ghiacciaia, I piano


Sarà
possibile accedere in aula fino a esaurimento dei posti.

La partecipazione è fortemente consigliata consigliata agli allievi della Scuola di Dottorato in Filosofia e Scienze dell’Uomo.

Tutti gli interessati sono invitati a partecipare.

Partecipazione via Teams: per il link di accesso alla piattaforma scrivere a gaetano.mangiameli@unimi.it   


Francesco Remotti è professore emerito all’Università di Torino, socio dell’Accademia delle Scienze di Torino e dell’Accademia Nazionale dei Lincei. È stato Direttore del Dipartimento di Scienze antropologiche dell’ateneo torinesee, Presidente del Centro Piemonte sedi Studi Africani. Ha condotto ricerche etnografiche e storiche in Africa equatoriale. Fra i suoi ultimi lavori si segnala: Somiglianze. Una via per la convivenza, Roma-Bari, Laterza 2019.

La ricerca sul campo, condotta tra i Ba-Nande del Nord Kivu in un esteso arco di tempo (1976-2013), aveva indotto il relatore a formulare la nozione di meta-cultura: una cultura di abakondi (disboscatori di foresta) manifestava in diverse occasioni l’intenzione di sospendere concretamente questa attività distruttiva e aprire spazi a forme di riflessione autocritica. Qualcosa di analogo il relatore ha riscontrato nel suo secondo campo di ricerca africanistico, concernente le capitali mobili dei regni dell’Africa precoloniale: alla morte del sovrano, la capitale veniva distrutta; si apriva quindi un periodo di interregno, in cui si registrava un vero e proprio collasso dello Stato. Il potere centrale era periodicamente interrotto. Anziché essere interpretato soltanto come una debolezza dello Stato (immaturità storica), l’interregno si presta a essere concepito come una fase meta-culturale, in cui programmaticamente si determinano i limiti dell’organizzazione statale, la sua fine periodica: una sorta di “società contro lo Stato” (Pierre Clastres). Considerando ora la cultura in cui viviamo, una cultura mostruosamente globale e inglobante, a cui si è convenuto di dare il nome geologico di Antropocene, la domanda fondamentale riguarda la difficoltà, e pressoché l’impossibilità, di accedere realmente a una meta-cultura, ossia a una sospensione, interruzione, bloccaggio sia pure temporaneo. Come lo Stato moderno, così il progresso (di cui lo Stato è fautore, garante, fruitore), sono concepiti come entità e processi letteralmente “senza fine”. All’origine vi è infatti l’idea di un’umanità titolata a dominare la natura, rendendosi così capace di somigliare sempre più a Dio, di divenire essa stessa divina. Due sono dunque i fattori che rendono difficile, forse impossibile, una reale meta-cultura dell’Antropocene: le dimensioni e la complessità di questa cultura da un lato e, dall’altro, il suo principio divinizzante.

10 maggio 2022
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