Nelle grandi città esistono musei di ogni genere. Esistono musei di arte antica e moderna, di storia naturale e delle scienze fisiche e chimiche. Esistono musei dell’uomo e delle civiltà, musei di storia delle nazioni e delle città, musei che narrano le vicende dell’immigrazione e dell’accoglienza, ed esistono innumerevoli musei della tecnica e della cultura materiale, del giocattolo e del design, dell’arredamento e dell’abbigliamento, della stampa, dell’automobile, del cinema e dell’aviazione. A Pieve Santo Stefano esiste uno splendido museo del diario, a New York un museo del sesso, a Roma un museo delle anime del Purgatorio. Ma della filosofia in generale sembra che ci si sia dimenticati.
È una lacuna da colmare, e la mostra che il Dipartimento di Filosofia “Piero Martinetti” ha organizzato nelle Salette dell’Aula magna dell’Università degli Studi di Milano – Il Museo della filosofia: le prime stanze (dal 5 al 21 novembre 2019) – è un primo passo in questa direzione. Proprio come accade nella tradizione consolidata dei musei della scienza, un Museo della Filosofia deve dimostrare che è possibile comprendere gli argomenti e le teorie filosofiche attraverso una prassi interattiva che si avvalga di esperimenti, di giochi, di simulazioni, di video, oltre che di brevi, semplici testi. Qualcuno forse arriccerà il naso, nel timore che il richiamo alla semplicità e alla dimensione ludica siano un segno del fatto che si è disposti a correre il rischio della banalizzazione. Ma non è così. Al contrario, siamo convinti che la filosofia sia in sé stessa una cosa talmente seria e profonda da non avere alcun bisogno di doversi raccontare in forme paludate e seriose. Nella Lettera sul fanatismo Lord Shaftesbury diceva che l’eccesso di serietà è l’anticamera dell’impostura, e in fondo aveva ragione.
Il titolo della mostra lo dice con chiarezza: le prime stanze. Ne verranno altre, o almeno questo è il progetto che ci guida, e di cui abbiamo cercato di rendere conto in una seconda esposizione, parallela alla prima, che ha avuto luogo nella Ghiacciaia della Biblioteca di filosofia: Il museo che verrà.
Dire che si tratta delle prime stanze, tuttavia, non significa soltanto indicare quel che non c’è ancora, ma significa anche alludere al tema che tali stanze si prefiggono di affrontare: un tema di natura largamente introduttiva. Una volta attraversate le pagine del grande libro-portale d’ingresso del Museo, il visitatore è stato chiamato infatti a riflettere innanzitutto su ciò che caratterizza la filosofia come disciplina e come attività. Per capire che cos’è la filosofia e qual è la funzione che le compete, si deve partire dalla riflessione sulla natura dei problemi filosofici, sulla loro forma, e sulla loro specificità. Per farlo abbiamo considerato alcuni esempi specifici, ma un elenco non basta. È necessario soffermarsi tanto sugli aspetti che distinguono gli interrogativi filosofici da quelli delle altre discipline, quanto sulla natura del lavoro filosofico e delle metodologie di cui esso si avvale per risolvere i suoi problemi.
Di qui il percorso che le prime stanze del Museo hanno proposto.Nella prima stanza, che ha un carattere più generale e un più accentuato taglio teorico, la riflessione si è legata all’esperienza perché il visitatore è stato invitato ad affiancare alla lettura di testi sollecitazioni di carattere estetico e visivo, che si propongono, per così dire, di disporlo nella giusta atmosfera intellettuale. È in questa luce che andavono lette le immagini di labirinti, i giochi.
Nella seconda stanza la dimensione esperienziale ha assunto una piega più apertamente interattiva, e accanto ai testi vi si sono trovate vere e proprie situazioni sperimentali, giochi e letture che chiedevano una risposta dinamica da parte del pubblico. Lo sforzo iniziale avrebbi dovuto essere dunque ripagato da un coinvolgimento crescente e – perché no? – da un crescente divertimento.
Una gran parte dei materiali esposti è resa disponibile nel Catalogo della mostra (Il Museo della filosofia: le prime stanze, a cura di P. Spinicci, C. Calabi, C. Cappelletto, A. Ichino, Mimesis, 2019) e basta sfogliarne l’indice per avere un’idea di che cosa ci si poteva trovare.
Infine, i temi affrontati nel Museo sono discussi e approfonditi in una collana di volumetti – Le scintille – curata da Anna Ichno e pubblicata da Mimesis. A ottobre 2019 sono usciti i primi due volumi: Esperimenti mentali di Andrea Guardo e I paradossi della percezione di Paolo Spinicci.